I formaggi questi sconosciuti

Sono l’alimento più comune e misterioso. Chi di noi non ne trova almeno due qualità diverse, aprendo il proprio frigorifero. Pensare che dalla mozzarella allo stilton, dal caciocavallo alla gruviera, dal camambert al pecorino di fossa, vengono tutti da un unico ingrediente di base.

Latte. Caglio. Sale: il formaggio è da sempre fatto di questi componenti e nulla d’altro, è ricavato in fondo da una sostanza quasi prodigiosa, destinata ad accompagnare il neonato per un breve tratto di vita.
Chissà quando, per caso, l’uomo ha scoperto che inserendo nel latte una componente “acidificante” questo prendeva consistenza e diventava qualche cosa d’altro.
Dalla cagliata in poi, il cammino del formaggio dipende solo dal modo in cui viene conservato e curato nelle sue diverse fasi di maturazione.

Ma come la mettiamo con la dieta?

Il formaggio, nella sua inesauribile varietà di sapori e consistenze, è molto nutritivo. Spesso lo è troppo. Fornisce un insostituibile apporto di calcio, che è provvidenziale dopo una certa età, quando le ossa incominciano a sentire il tempo che passa. Ma è un alimento che di rado troviamo nelle diete. Per la sua componente grassa. Per il colesterolo che ci “regala” anche se non lo vogliamo.
Il formaggio non è dietetico. Se lo è, significa che non è formaggio propriamente detto.
La ricotta è spesso decantata come un formaggio magro. Attenzione: per prima cosa non è un formaggio ma un latticino perché è ciò che resta dalla parte liquida del latte che si separa durante la cagliata. E’, in sostanza, un derivato del siero di latte.
Ma non è sempre magra, anzi. A volte per renderla più appetibile e cremosa viene mescolata a della panna, ad esempio. Inoltre certe ricotte vengono prodotte da un latte piuttosto ricco e saporito, come quello di bufala: inutile aggiungere che non è un prodotto dimagrante, in questi casi.

Il formaggio non è dietetico anche se lo sembra.
La mozzarella è stata per molti anni gettonatissima nelle diete. Ricordiamo che è un formaggio a pasta filata ottenuto “mozzando” (di qui il nome), staccando dalla elastica “palla” che si forma durante la cagliata dei pezzi che diventano appunto le mozzarelle. Ma spesso tendiamo a confondere formaggi freschi con formaggi magri, ed è sbagliato. Le due cose non corrispondono affatto, men che meno nel caso della mozzarella, che è una autentica prelibatezza ma rientra nella categoria dei formaggi grassi-medio grassi. E per di più, mentre di un pezzo di parmigiano stagionato, di una intensa robiola ci accontentiamo di un boccone, la mozzarella chiama nel piatto grandi quantità…

Attenzione dunque alla mozzarella, alla ricotta, a quelle preparazioni fresche e candide che ispirano un’innocenza non perfettamente corrisposta.
Attenzione soprattutto alle indicazioni che troviamo sulle etichette dei formaggi, dove dovrebbe comparire sempre la percentuale di grassi del prodotto. 25, 42, 64…
Dovrebbe essere espressa due volte: una è infatti la percentuale di grassi sul prodotto finito, l’altra, spesso abbreviata con le due consonanti S.S. (che sta per “sul secco”), indica la percentuale di grassi presenti nella materia secca, privata cioè della dose di acqua e umidità che è presente in tutti gli alimenti e in tutti i formaggi. La valutazione di quello che ci accingiamo a gustare deve tenere conto entrambe le percentuali: a favore della mozzarella va un maggiore contenuto di acqua rispetto a una spalmata di gorgonzola.

Dietaonline.it

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